
In un momento storico in cui l’economia green guida politiche globali e scelte aziendali, è necessario affrontare una grande contraddizione: i datacenter, pilastri della trasformazione digitale, continuano a essere tra le infrastrutture più energivore e meno sostenibili.
Oltre all’elevato consumo elettrico — spesso ancora basato su fonti fossili — molti datacenter utilizzano quantità impressionanti di acqua per il raffreddamento dei server.
Secondo un recente studio del U.S. Department of Energy, un singolo datacenter di grandi dimensioni può consumare fino a 1,7 milioni di litri di acqua al giorno, equivalenti al fabbisogno idrico di una piccola città.
In un’epoca segnata da siccità e scarsità idrica, questo modello non è più sostenibile.
Come ricordava Satya Nadella (CEO di Microsoft):
“La sostenibilità è la sfida del nostro tempo e l’innovazione tecnologica deve essere parte della soluzione, non del problema.”
Anche Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha recentemente sottolineato:
“Ogni settore deve affrontare la propria responsabilità climatica. La tecnologia digitale deve diventare parte integrante di un futuro a zero emissioni.”
Dal punto di vista della sicurezza informatica, la sfida si complica:
- Proteggere le infrastrutture critiche garantendo disponibilità e resilienza;
- Ridurre contemporaneamente l’impatto energetico e idrico.
Serve un cambio di paradigma chiaro:
- Efficienza energetica come vincolo strutturale nella progettazione.
- Raffreddamento innovativo, riducendo l’uso d’acqua tramite sistemi ad aria, immersion cooling o fonti alternative.
- Adozione di energie rinnovabili come standard, non come optional.
- Riciclo responsabile di hardware e ottimizzazione delle filiere produttive.
Non possiamo proteggere il futuro digitale sacrificando quello ambientale.
Come professionisti della sicurezza e come cittadini, dobbiamo pretendere una transizione digitale sostenibile. La resilienza dei dati deve camminare insieme alla resilienza del pianeta.